La Sicilia, connotata da un ceto nobiliare fortemente attratto dalla “cultura delle apparenze” e da una sontuosa ritualità liturgica, è probabilmente una delle regioni più ricche di elevate testimonianze di arte ricamatoria e tessile. A prestare attenzione all’arte tessile della Sicilia, è stata Maria Accascina (1898-1979), una fra i maggiori protagonisti della storiografia artistica siciliana, alla quale si devono consistenti e innovativi contributi sull’argomento.
I paramenti ricamati dell’antica Prelatura, di notevole interesse storico e artistico, sia che provengano da botteghe artigiane specializzate o da ambiti religiosi, hanno la caratteristica comune di essere strettamente affini con la produzione tessile e l’oreficeria. Da esse derivano motivi decorativi, elementi preziosi e metalli nobili come l’oro e l’argento impiegati, insieme ai fili di seta policroma, sotto varie specie preparate dai battiloro e dai tiraloro.
La documentazione, al momento rintracciata, rende nota la situazione del patrimonio tessile negli anni Quaranta del Settecento, anche se la presenza di capi del XVI e XVII secolo testimonia, seppur parzialmente, lo stato precedente. Durante la Regia visita di Mons. Gian Angelo De Ciocchis del 24 maggio del 1742, fu stilato un inventario relativo ai beni posseduti dalla Chiesa Cattedrale, pubblicato quasi un secolo dopo, esattamente nel 1836. Sotto la voce Jocalia, et Supellectilia si menzionano i paramenti secondo i colori: nero, viola, verde, bianco e rosso. Per il colore nero si enumerano “casubole di damasco numero quattro con quattro stole, e quattro manipoli di laniglia”; per il color “violace”: “Uno stolone per uso del Diacono”; per il color verde: “Un solio per Mons. Ill.mo”. Fra le vesti di colore bianco è ricordata “Un altra casupola ricamata di seta, ed oro” nella quale potrebbe riconoscersi una Pianeta in taffettà di seta bianca ricamata in seta policroma, oro e argento filato e lamellare, della prima metà del XVIII secolo, in cui l’impianto decorativo dell’ornato è specularmente disposto attorno ad un asse centrale, così come avviene nei tessili con motivo a pizzo. L’ornamentazione a elementi floreali e vegetali – fiori e frutti di melograno, esili fiordalisi, peonie, margherite – che si ripete ad intervalli regolari con studiata simmetria ed estrema delicatezza, nei colori rosa chiaro, bianco panna, violetto, arancio, verde cedro e azzurro, oltre al riverbero delle paillettes, dei fili e delle lamelle d’oro e d’argento, si staglia su tutta la superficie della pianeta, rendendola più brillante e luminosa, attraverso una ricca varietà di punti: lanciato, diviso, raso, piatto, a fili distesi con fermature a nodi orizzontali, a stuoia, a spina di pesce, a cordoncino obliquo e in diagonale, creando una soluzione di notevole bellezza.
La Pianeta in gros de Tours rosa, databile alla seconda metà del XVIII secolo, è una delle vesti assegnabile al periodo Rococò, in cui l’impianto ornamentale è studiato secondo un’ampia struttura centralizzata che occupa tutta la superficie della pianeta, oltrepassando nello sviluppo anche la consueta impostazione di croce e colonna, ugualmente suggerita da un ricamo con motivo a spina di pesce che imita la presenza dei galloni. In basso alla colonna posteriore, da una fioriera baccellata circondata da un diramarsi di tralci piumati con fiori di melograno che formano ampi girali, si succedono rocailles campite da griglie romboidali. Molto varia ed elegante è la maniera di ricamare con il bianco dell’argento e il giallo dell’oro e della canutiglia. Il contrasto colore-materia di questi fili metallici impiegati con la tecnica del punto posato e fermati attraverso un’innumerevole varietà di punti, come il punto affondato, il punto pieno su imbottitura di fili di seta avorio, a stuoia, a nodi orizzontali, a finta rete, a spina di pesce, a spirale, a cordoncino obliquo e in diagonale, crea un piacevole gioco di luci e ombre che conferisce ai motivi decorativi un effetto tridimensionale unico nel suo genere. È come se i tralci piumati che si sviluppano dalla fioriera baccellata fossero nastri trapuntati, allucciolati e arricciati, dove tutta l’attenzione è richiamata dall’esuberanza e dalla sontuosità dell’insieme ricco, colorato e vario.
Pertanto, la soluzione disegnativa del ricamo qui esaminato è riconducibile ad una tipologia, molto diffusa nel Settecento, che tendeva ad una distribuzione abbastanza regolare dei motivi decorativi vegetali o floreali, e risponde pienamente ai canoni decorativi cari al barocchetto siciliano della metà del Settecento, risentendo dell’influenza stilistica francese che ebbe ampia diffusione anche in Italia, differenziandosi da regione a regione. Non a caso si rilevano stringenti analogie con le due dalmatiche della Diocesi di Caltanissetta risalenti alla metà del XVIII secolo.
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